Solo pochi giorni fa l’ennesima vittima del bullismo che ha tentato il suicidio, a dodici anni: l’ennesima conferma della necessità di pene esemplari. Ecco cosa ne penso.
Ci risiamo: solo qualche giorno fa una dodicenne, vessata dai bulli, ha tentato il suicidio: si tratta di una situazione assolutamente inaccettabile, che fa capire come si faccia ancora troppo poco per debellare la piaga del bullismo.
LA LEGGE "IL BULLISMO È REATO"
Finalmente fanno qualcosa di buono. La devono pagare, tutte le persone che fanno star male— ℰ (@Ceneredivita) January 19, 2016
Bullismo: sentite come suona antipatica e schifosa questa parola. Sentite quanta sofferenza, quanto logorio fisico e mentale porta con sé: sentite quante minacce e quanta paura dietro quest’orrenda parola, sinonimo di una piaga fin troppo sottaciuta e fin troppo sottovalutata.
Si, questo è: cosa si fa, in concreto, contro il bullismo? Cosa si fa, in concreto, contro le singole bestie che mettono in atto questa pratica schifosa? A quali pene certe va incontro chi si macchia di questo vero e proprio crimine contro il più debole? Quali speranza di condanna ci sono? Che garanzie hanno le vittime?
Quando dico quel che penso, ovvero che c’è bisogno di pene esemplari, lo dico perché lo credo fermamente: per tanto, troppo tempo ho visto, ho sentito, ho raccolto storie di giovani vessati, e ho sempre riscontrato una grande, enorme mancanza. Le vittime sono sole.
Le chiacchiere, per quanto mi riguarda, stanno davvero a zero: ho assistito più e più volte all’ingiustificabile silenzio degli insegnanti, che dovrebbero essere i primi tutori contro questo tipo di problematiche. E invece no: gli insegnanti – magari non tutti, per carità –, anche perché sono sempre stato contrario alle generalizzazioni e al fare di tutta l’erba un fascio, sono i primi a fregarsene ampiamente, e lo dico, purtroppo, anche per esperienza personale.
Viviamo in un sistema scolastico fatto di stanchezza ed inerzia: gli stessi docenti sono i primi a fare il minimo indispensabile, e tra questo “minimo indispensabile”, evidentemente, non rientra l’opera di prevenzione contro tali crimini. Si, li chiamo crimini.
Provate a dire ad un insegnante di essere vittima di bullismo o di vessazioni: scommettiamo che, al massimo della fortuna, vi ritroverete solo con un banale rimprovero, a cui non seguirà nient’altro?
Se ci fosse una reale repressione del fenomeno, a partire da un maggiore controllo “attivo” da parte dei docenti, non si giungerebbe ai tristi dati spesso sciorinati dai giornali, e alle, relative, estreme conseguenze. Intendo dire che se una giovane si butta dalla finestra perché vessata dai bulli, qualcosa deve, evidentemente, non aver funzionato, e questo “qualcosa” è rappresentato anche dallo scarso controllo di chi, sei ore al giorno, vede i ragazzi.
E invece no: molti docenti – forse, maggiormente, quelli della “vecchia guardia” – ne fanno una semplice questione di socializzazione: ho più e più volte sentito io stesso frasi del tipo “eh, e io che devo fare? Impara a reagire!”, detta proprio da docenti stanchi della routine scolastica. Una stanchezza che non può prescindere dal controllo e della repressione del fenomeno.
Auspicherei pene più severe, sia per i bulli che per quei docenti menefreghisti a cui sembra che non spetti (anche a) loro il compito di risolvere la situazione: condannerei queste persone non solo per connivenza, ma anche per omesso controllo. Lo dico e lo ripeto: se una giovane si butta dalla finestra lasciando un biglietto in cui spiega di essere vessata dai bulli di turno, allora, davvero, l’istituzione scolastica ha perso. Ha perso perché, in questo modo, ha dimostrato la sua enorme carenza e precarietà, come un palazzo che si regge sugli stuzzicadenti. Ha perso con gli insegnanti strafottenti, che si recano sul posto di lavoro solo per fare il minimo indispensabile, cioè insegnare quattro nozioni e fermarsi. Valutare casi di bullismo e difendere i più deboli è già “lavoro extra”, e quindi, nella tipica mentalità italiota, da non farsi, anche perché “io non vengo pagato per risolvere le liti tra gli alunni!”
Ho sentito insegnanti, a cui sono state chieste precise informazioni su casi di bullismo, arrivare a rivoltare le carte, con dialoghi del tipo:
- “Mio figlio è stato picchiato e malmenato!”
- “Signora, è suo figlio che esagera! I ragazzi lo fanno, e lui deve imparare a difendersi anziché mettere in mezzo i docenti!”
Ditemi se non c’è da provare schifo.
Aldilà del fatto che una simile frase è in grado di creare pericolosissimi precedenti, in quanto, di fatto, spinge il vessato a farsi giustizia da solo, non potendo, tra le altre cose, contare su qualcuno che risolva la situazione, si nota quanto vi dicevo poc’anzi, ovvero la figura del docente chiamato a fare il proprio mestiere ma non oltre tanto.
Ho come la terribile sensazione che, ogni santa volta, si attende che “ci scappi il morto” prima di fare qualcosa di concreto. Dobbiamo attendere la prossima vittima per chiedere a certi docenti di cambiare mentalità e allo Stato di garantire pene certe ed esemplari atte scoraggiare simili episodi?
NOTA – Prima di attirarmi le ire di docenti imbufaliti, tengo a precisare, anche se l’ho già fatto poco sopra, che non tutti gli insegnanti sono incoscienti e menefreghisti come quelli riportati in quest’articolo. Altresì, si tratta di un importante “fetta” di “mele marce”, che, volere o volare, è presente all’interno dell’Istituzione Scolastica, e che andrebbe estirpata quanto prima!