Qualcuno li chiama “fenomeni da baraccone 2.0”: la morte di “Youtubo Anch’Io” riapre il dibattito sul prezzo – spesso estremo – che la popolarità sul Web, talvolta, ha.
Qualcuno li chiama “fenomeni da baraccone 2.0”, ma c’è molto, molto di più da dover raccontare…
Sto cercando di metabolizzare una notizia che mi ha un po’ sconvolto: mi riferisco, e ne avrete sicuramente sentito parlare, alla morte dello Youtuber “Youtubo Anch’Io”, al secolo Omar Palermo, che lascia questo passaggio terreno tra lo sgomento di tante persone che lo seguivano, ovvero quelli che vengono normalmente definiti “Followers”.
Mi dispiace, soprattutto, che la tragica morte di quest’uomo abbia riaperto il dibattito da parte di chi definisce personaggi come il buon Omar “fenomeni da baraccone 2.0”. E la cosa, se permettete, mi infastidisce tanto, non soltanto per il non rispetto verso una persona che non c’è più, ma anche per le sterili, inutili, polemiche gravitanti attorno al “personaggio”, allo Youtuber, e alla sua attività, sicuramente discutibile, certo, ma non certo da criticare in un momento così tragico.
“Youtubo Anch’Io”, infatti, proponeva spesso, nei suoi video, quelle che vengono definite “Food Challenge”, cioè sfide che hanno per argomento il cibo, ma in maniera oserei dire estrema: famoso il suo video in cui mangia 40 “Kinder Fetta al Latte” e un pollo, e tanti altri video simili. Per carità, “sfide”, se tali le possiamo definire, decisamente discutibili, che lo stesso Youtuber ricordava di “non imitare assolutamente”, ma è pur vero che l’uomo era sicuramente consapevole di quel che stava facendo, e, in generale, non è neppure detto che la sua morte sia per forza legata a questo stile di vita, sicuramente non salutare né giustificabile in alcun modo, visto che, a quanto ne so, Omar combatteva i postumi di una caduta e la sua morte sarebbe avvenuta per soffocamento.
Ma a noi questo non importa: piuttosto, quello che ci interessa davvero, quello che davvero dovrebbe farci riflettere, è il costo che la notorietà sul Web ha, e questo ci riconduce al titolo di questo articolo.
In tanti, infatti, hanno additato il buon Omar come un “fenomeno da baraccone 2.0”, piegato al volere del successo avuto e rimasto quasi “impigliato” nella tela di questo grande clamore mediatico, che, per essere mantenuto, ti porta ad andare sempre oltre, sempre oltre, sempre oltre.
A tutto questo, vanno aggiunte le richieste immorali dei fan, che da Omar si sono aspettati sfide sempre più difficili e pericolose, anziché aiutarlo, anziché fermarlo, anziché pretendere che questo triste spettacolo avesse fine: “Youtubo Anch’Io” era, credo, una brava persona, trasparente, esattamente per come compariva nei suoi video, senza filtri e censure, e credo – se davvero un po’ ne capisco di Psicologia – che fosse una persona fragile, con tante fragilità, tanto buona, che, semplicemente, andava aiutata, andava seguita, e non andava aizzata buttandogli addosso il “fumo negli occhi” della fama, dei followers, di chi lo inneggiava e lo chiamava “Maestro”, alimentando questo “loop” assolutamente vizioso e tutt’altro che virtuoso!
Coloro che lo seguivano avrebbero dovuto aiutarlo, avrebbero dovuto veramente spronarlo ad uno stile più sano, e non sfruttare le sue fragilità per poi additarlo come, appunto, “fenomeno da baraccone 2.0”. E magari, tra quelle persone che, indegnamente, lo definiscono così, ci sono proprio coloro che lo spingevano a fare sempre più, sempre peggio, senza nessun rimpianto, senza nessuna remora nel rendersi conto che si stava giocando con la fragilità della persona.
Quelle stesse remore che non hanno avuto neppure i suoi haters, come coloro che gli auguravano la morte, e che lo hanno, talvolta, spinto ad allontanarsi dai Social: immaginate l’impatto che un simile “tsunami” di fama ed haters può avere su una persona fragile, che si ritrova a dover gestire tutto questo. E se non sei davvero forte, quello tsunami può travolgerti e farti davvero male.
I Social non sono un gioco, e ve lo dice un addetto ai lavori: puoi iniziare per scherzo, metterci tanta passione, e magari cresci, diventi famoso, e diventa quasi un lavoro, a volte anche senza il “quasi”, e più cresci e più diventi famoso, e se diventi famoso attiri fan ma attiri anche gente cattiva, frustrata, che si crede Dio dietro uno schermo.
Ve lo dice una persona che gestisce il Blog più antico d’Italia, che, da poco, ha fatto segnare la cifra di Dieci Milioni di Visite: pensate, forse, che in quasi venti anni di attività giornaliera sul mio Blog, e Dieci Milioni di utenti, anch’io non abbia passato di tutto e di più? Certo che sì, ed ho migliaia e migliaia di pagine e schermate piene di insulti, minacce, cose pesantissime. All’inizio ci stavo male, volevo mollare tutto, ma poi ho iniziato a ridere, e non soltanto non ho mollato, ma ho reagito e non mi sono arreso. Quei poveri cretini, adesso, sono spariti nel nulla che li ha sempre contraddistinti, ed io sono ancora qua a fargli rodere il fegato! Tuttavia, se non sei forte, se non sei abituato, tutto questo ti ammazza, ti distrugge lentamente, e gli effetti possono, davvero, essere devastanti.
Purtroppo, è rinomato che “del senno di poi son piene le fosse”, ma adesso lasciate riposare in pace il buon Omar, che Maestro lo era davvero. Maestro di bontà, in un mondo che si approfitta di te se ti vede fragile.