Morire di bullismo. A tredici anni. L’Italia piange l’ennesima vittima di un sistema bacato che non riesce a tutelare chi ne ha davvero bisogno!
Morire di bullismo. A tredici anni. E la rabbia è davvero tanta.
Non ho mai fatto segreto di quanto io sia sensibile al tema del bullismo avendolo vissuto personalmente, e, spesso, portandone addosso le ferite le conseguenze ancora oggi: ne ho parlato in diverse occasioni tra cui – la più eclatante – durante una puntata del Grande Fratello di qualche mese fa.
E così, siamo ancora a parlare di vittime del bullismo: a Palermo, nella mia meravigliosa ridente città, sabato sera un giovane di appena tredici anni si è tolto la vita. I genitori erano usciti e hanno fatto la terribile scoperta al loro ritorno, quando ormai era troppo tardi. La cosa che fa più paura, più rabbia, è che quasi subito la morte di questo ragazzo è stata correlata ai tanti attacchi di bullismo che sembra aver subito negli ultimi mesi: i bulli, i prepotenti di turno, lo hanno deriso e distrutto più volte, pare per il suo orientamento sessuale. E la cosa era ben nota, dal momento che se ne parlava spesso nelle chat di alunni e genitori. Pare che, addirittura, la dirigente scolastica della scuola frequentata da questa povera anima in pena avesse più volte segnalato il disagio del giovane.
Sul tema se ne sono dette di ogni: persino la Presidente della Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, Michela Vittoria Brambilla, ha espresso vicinanza alla famiglia, rimarcando come spesso, troppo spesso, le vittime sono lasciate sole. E ha ragione.
Ha decisamente ragione: l’ho provato sulla mia pelle, e ricordo perfettamente cosa significasse non avere aiuto da parte di nessuno, vedere insegnanti e personale ausiliario voltarsi dall’altra parte per paura delle ritorsioni. E ricordo molto bene le mortificazioni, quando i miei bulli venivano osannati. Me lo ricordo molto bene quando a loro andavano i voti più alti in socializzazione riuscendo a mortificarmi con la “Non Sufficienza”: erano pienamente riusciti a traviare il cervello di quei docenti così deboli e labili a tal punto da mistificare e sovvertire la realtà. Era un incubo. Un incubo totale. Ed io ero schifosamente solo: avevo accanto una sola persona, una sola compagna anch’essa vittima delle stesse dinamiche di violenza e indifferenza.
E oggi come ieri, mi chiedo DOVE CAZZO ERAVATE? Dove eravate voi che tanto vi vantate di avere una grande funzione di natura pedagogica? Dove eravate quando io ero in lacrime e nessuno di voi interveniva? Dove eravate quando subivo pressioni psicologiche mai ascoltate? Dove eravate quando le mie giornate erano incubi? Dove eravate quando – per colpa vostra – ho sviluppato ansia ed attacchi di panico devastanti? Dove eravate quando avete portato quel giovane ad un gesto così estremo? Forse è ora di iniziare a PRETENDERE gli psicologi a scuola. Forse è ora di iniziare a PRETENDERE tutele certe e privacy per le vittime di bullismo. Forse è ora di PENE ESEMPLARI per queste amebe senza attributi e senza spine dorsali, spesso giustificati dagli stessi docenti.
E mi fate schifo, perché so già che la morte di quel ragazzo non peserà sulla coscienza di nessuno. Perché, in fondo, una coscienza non l’avete mai avuta.