Lettera a chi mi ha fatto del male (e alle mie fragilità!), per accettare, per rendesi conto che non c’è niente di cui dobbiamo affatto sentirci in colpa!
Lettera a chi mi ha fatto del male (e alle mie fragilità!): rendersi conto che non c’è niente di cui dover chiedere scusa. E trovare la forza di ricominciare.
Sono un essere umano, fragile: non ne ho mai fatto segreto e, a dirla tutta, non vedo il motivo per il quale bisogna vergognarsi di essere fragili: sono imperfetto, sono fragile, e mi va benissimo così. Non è scritto da nessuna parte che io debba essere un Supereroe: in fondo, credo che nessuno debba colpevolizzarsi delle proprie fragilità, dei propri limiti, delle proprie ansie, dei propri blocchi, delle proprie paure, anche perché – e di questo sono certo – a fare la differenza è la persona che, pur conoscendo le tue fragilità, non soltanto ti resta accanto, ma non ti giudica e non ti lascia andare via proprio a causa di quel tuo essere fragile, magari proprio sfruttando i tuoi traumi e ciò in cui sei maggiormente fragile e debole per distruggerti definitivamente.
E così, eccomi a scrivere questa lettera a chi mi ha fatto del male, e sono davvero tante persone: molte cose erano evitabili, molte cose erano ampiamente superabili, se non fosse che non avete saputo riconoscere i miei limiti, le mie fragilità, i miei dolori, addossandomi colpe inesistenti e sensi di colpa mirati a distruggermi, quando invece – al contrario – avreste soltanto dovuto capirmi e tutelarmi.
E parto proprio dalla persona a cui ho dato il mio cuore: l’ho fatto e lo rifarei, anche se del mio cuore non è rimasto niente, visto che quel poco che ne era rimasto è stato frantumato a forza sotto i piedi. La mia fragilità è stata quella – stupidamente – di pensare che il nostro amore potesse aiutarci a vivere meglio, che il nostro amore potesse, finalmente, rendere la nostra vita completa e libera dal dolore, dalla paura. La mia stupida fragilità è stata quella di credere che, se ti avessi amato proprio per come ti ho amato, avremmo trovato modo di essere felici, insieme e per sempre. Tante volte, però, mi sono chiesto perché tu avessi solamente voglia di andare via, di farti gli affari tuoi, di darmi soltanto i ritagli del tuo tempo, e se cercavo di farti capire che mi mancavi, tu mi ripetevi che “le altre coppie si vedono una volta ogni tanto e non hanno problemi”. Ma a me mancavi, mancava la tua presenza, mancava vedere un tramonto insieme. La mia fragilità, stupida, è stata quella di credere che quel tramonto avesse avuto senso se avessimo potuto condividerlo insieme, esattamente allo stesso modo in cui credevo che fare le cose insieme, dedicare del tempo a noi, verosimilmente potesse darci quella forza e quel bisogno d’amare che era in noi. Sicuramente in me, su di te non ci scommetterei… Poi, il tempo mi ha fatto capire che non dovevo incolparmi se ti ho amato in questo modo, perché tantissime persone mi hanno detto che quel tuo comportamento non era affatto normale, e non era certo il comportamento di una persona che amava davvero il suo ragazzo! Qualche giorno fa, una mia amica mi ha detto: “ma questa non è affatto normale! Se io non vedo la mia ragazza mezza giornata mi sento già male, pensa stare lontani settimane intere pur abitando vicini!”, e proprio questo, un giorno, mi ha molto fatto riflettere. Una mia amica, infatti, mi disse una cosa che mi lasciò senza parole: “ah, ma voi abitavate vicini? Che ne so, non vi vedevo mai insieme: credevo che uno dei due abitasse fuori dalla tua città!” Ecco che in quel preciso istante, ho capito che le mie fragilità, stupide, possono aver influito, ma la tua grande superficialità, cattiveria e non voler tutelare quello che ero, pretendendo che fossi diverso, hanno fatto il resto. E poi, potevi sicuramente evitare, quel giorno di luglio, di dirmi che il mio difetto estetico “rovinava la tua immagine pubblica perché non ero presentabile, e la gente faceva mille domande”, arrivando, addirittura, a pretendere che io facessi qualcosa per risolvere, anche a discapito della mia stessa salute! Come ti dissi quel giorno, a me non sarebbe fregato nulla se tu avessi avuto duecento chili in più di quelli che avevi, quindici dita, cinque gambe o tutto il resto. Anche perché – dovresti pensarci – nemmeno tu sei perfetta, e hai difetti estetici molto evidenti, che – forse proprio per colpa, paradossalmente, della mia fragilità! – ti rendevano irresistibile ai miei occhi, perché facevano di te una persona unica. Chissà: forse anche io avrei dovuto pretendere che ti mettessi a dieta, o che andassi a risolvere il più evidente dei tuoi difetti estetici, ma non l’ho mai fatto, non lo faccio e non lo farò mai. Anzitutto, perché io – al contrario tuo, e forse proprio per colpa delle mie fragilità – non ritengo importante il corpo. E poi, perché chi mi sta accanto non è un difetto estetico: è una persona che ha un cervello, che può amarmi, che può volermi bene. La mia fragilità, purtroppo, mi ha portato a voler vivere insieme a te la mia vita, e tu hai preso questa mia legittima richiesta – la richiesta di una persona che ti ha amato più di ogni altra persona che avesse mai amato in tutta la sua vita – come un volerti soffocare, addirittura dicendomi che “se ci fossimo visti ogni giorno era da considerarsi convivenza”, quando dalla mia bocca non era certo uscito questo, ma neanche il doversi accontentare delle briciole di tempo. Anche tu hai commesso errori molto pesanti, che solamente adesso mostrano il tuo vero lato ipocrita e meschino, e mi fanno capire e comprendere quante bugie e falsità mi hai raccontato. Ricordo bene quando ti chiedevo “reciprocità” e mi rispondevi che “tu non prendi i mezzi pubblici e non cammini a piedi”. Che strano però: quando andavi ai concerti nelle altre città, però, prendevi aereo, treno ed autobus nella stessa giornata: questo mi ha fatto capire che, la tua, era soltanto una questione di priorità. Io, per te, non ero importante quanto tu lo fossi per me: la sola cosa che valeva davvero, per te, era TE STESSA, la tua vita, le tue cose, le tue giornate. Poi, ad estensione, a completamento, come “qualcosa in più”, ecco che c’ero io, nei ritagli di tempo, dopo che era venuto il momento di tutte le altre cose da fare. Alla fine della lista c’ero io: sono certo che se fossi stato più forte, se avessi avuto il coraggio di amarti come mi amavi tu, a quest’ora saremmo ancora insieme. E mi dispiace averti perso così stupidamente: se mi fossi reso conto che sarebbe stato trattarti con la stessa superficialità con cui tu trattavi me, mi sarei risparmiato mesi interi di lacrime nel sentire la tua mancanza. Ecco che cosa mi ha fottuto: ritenerti così importante. E’ colpa della mia stupida fragilità. Era me stesso che dovevo mettere al primo posto, ero io che dovevo mettere al top della lista, e solo alla fine mettere te. Ed invece, per colpa del mio affezionarmi troppo, del mio avere sempre troppe aspettative, dell’aver creduto che potessi essere tu a rendermi la persona completa, l’uomo meravigliosamente felice, ho finito con l’allontanarti. Ed è paradossale credere che una persona possa allontanarne un’altra soltanto perché la ama e vorrebbe stare con lei senza doversi accontentare delle briciole: credo proprio che se avessi avuto la forza che mi è mancata, quella di vederti solo nei ritagli del nostro tempo, quella di mettere me stesso al primo posto e non te stessa, sono certo che non te ne saresti mai andata. Credevo di aver trovato una persona che comprendesse le mie fragilità, e che, anziché scappare barbaramente via con uno stupido messaggio su WhatsApp senza alcun senso e senza alcun coraggio, avesse gli attributi VERI di guardarmi negli occhi, prendermi per mano, e dire ORA BASTA. DIMMI COSA TI FA PAURA. O quantomeno, di rispettare le promesse che proprio tu mi avevi fatto. La prima tra tutte, quella di non tenerti tutto dentro e pretendere che gli altri ti leggessero nella mente, ma dirmi chiaramente cosa non ti facesse essere tranquilla, e sono certo che avremmo posto, insieme, basi sempre più solide. Perché chi si ama davvero, fa così, fa semplicemente così: non scappa via ad ogni difficoltà, ma resta al fianco della persona, discute quello che fa star male, quello che fa soffrire. Non se la da certo a gambe levate: è stato bruttissimo renderti conto che, di fatto, hai preferito scegliere te stessa all’amore che potevo e volevo darti, al noi che saremmo potuti essere. E sarebbe soltanto bastato restarmi accanto, anziché scappartene via, in maniera così codarda e senza alcuna pietà, senza nemmeno avere il coraggio di guardare negli occhi. E poi, smettila di inventare scuse cretine: avevi sempre una scusa per tutto. Ti chiedevo di voler guardare il tramonto insieme, e non hai mai avuto tempo di farlo: mi dicevi che “tanto ce ne sono all’infinito da vedere”. Avevi pretese assurde, non mi sei mai venuta incontro, nemmeno quando ti proponevo qualsiasi cosa potesse tornarci utile a stare insieme, anche soltanto per poco. Pretendevi che fossi io e soltanto io a dovermi muovere, in qualsiasi circostanza, in qualsiasi situazione: sono sempre stato io che, con le stampelle e una gamba immobilizzata, sono arrivato DA SOLO dall’altra parte di Palermo per venirti a suonare al citofono, dopo la tua ennesima sparizione di “silenzio punitivo”, senza nemmeno avere risposta nonostante tu fossi in casa. Sono sempre io che sono stato male, male atrocemente, e anziché ricevere aiuto mi sono sentito sbattere in faccia che “se non potevo camminare, prendevo un taxi o il car sharing, anche se ero con le stampelle!” Ero sempre io quello che continuava a ricevere rimproveri su rimproveri anche da persone che avrebbero dovuto farsi una bella manciata di fattacci loro: pretendevi che fossi io a farti da cavalier servente, da schiavo, che mi muovessi, che ti prendessi, che ti lasciassi, “perché tu non hai auto e non cammini a piedi”. Ti sembra un ragionamento maturo questo? Ti sembra maturo abbandonare le persone? Ti sembra maturo punire la gente con settimane di silenzio? Ti sembra maturo trovare scuse, a decine, a palate, per non vedersi mai? Ecco. E’ esattamente questo che ha fatto di te la persona che pretende di aver avuto ragione su tutto: non hai mai avuto il coraggio di ammettere – nemmeno a te stessa, soprattutto a te stessa – che hai commesso un cazzo di errore, che hai commesso mille sbagli. Mi sarebbe soltanto bastato sentirmi dire che “hai avuto paura”, mi sarebbe soltanto bastato sentirmi dire ciò che mi dicevi sempre. E soltanto adesso capisco che, forse, hai saputo mentire bene quando mi dicevi che “ero la storia più importante della tua vita”, che “nessuno ti ha amato mai come ti ho amato io”. E chissà quante altre bugie mi hai detto quando stavi lontana da me per settimane intere, e davi a me la colpa dei tuoi malanni: sei arrivata a dirmi che “la colpa dei tuoi disturbi psicosomatici era mia”, quando soltanto ora mi rendo conto che eri vittima di te stessa, del tuo non aver avuto il coraggio di guardarmi in faccia e tirare fuori tutto quello che ti faceva paura. Ed ecco cosa hai raggiunto, adesso: hai ucciso il nostro rapporto, hai ucciso l’amore che avevo per te, hai ammazzato i sentimenti che avevo per te, me li hai strappati dal petto, mi hai graffiato il cuore e l’anima con un pezzo di vetro, hai distrutto tutto quello che avevo per te, senza nessuna pietà, senza nessuna remora, hai assassinato tutto quello che rappresentavi per me, quando io avrei voluto soltanto essere fragile, accanto a te, senza nessuna paura di esserlo. Spero che adesso capisci perché continui a mancarmi, come io – in fondo – capisco la tua totale strafottenza e felicità. In fondo, nella coppia hai sempre dato maggior peso a te stessa, e ancora adesso non fai altro che far valere solo e soltanto te stessa. Ma io me li ricordo bene, molto bene, i tuoi occhi quando mi dicevi che nessuno ti ha amato mai come ti ho amato io, che nessuno ti ha fatto provare le emozioni e le sensazioni che hai provato con me. E se quegli occhi erano veri, se quelle emozioni erano vere, non può non esserti rimasto nulla nell’anima e nel cuore, e se non ti è rimasto niente, sei stata un’abile ed astuta bugiarda che ha saputo giocare bene con il mio cuore, che così cretinamente – per colpa delle mie fragilità – ti ho dato tra le mani, nonostante sapessi che era tutto quello che avevo, era quello che di più prezioso avevo. E se quegli occhi erano veri, e se le tue lacrime erano vere, e se quel tuo “nessuno ci dividerà mai più” era reale, ti renderai conto che nessuno, in fondo, saprà più amarti come me, che per me eri davvero tutto. E mi dispiace, e ti chiedo scusa di aver creduto che potessi essere tutto per me, perché è stata la mia fragilità a credere che potessi essere, per me, la cosa più importante della mia vita, quando avrei dovuto considerare ME STESSO la persona più importante. E saremmo ancora insieme, se solo e soltanto avessi avuto l’accortezza di mettere me davanti a tutto, proprio come hai fatto tu: se non fossi stato così cretino da credere che anche tu avevi la mia stessa voglia di fare delle cose insieme, di vedere cose insieme, di provare posti e luoghi insieme. Se mi fossi reso conto che dovevo solo lasciarti libera, sarebbe stato tutto diverso. Mi dispiace di essere stato così fragile: credevo soltanto che tu fossi davvero stata in grado di accogliere, tra le tue braccia, ogni mia paura, ogni mia ansia, ogni ferita del mio passato che, ahimè, ha effetti sul presente. E’ facile dire “sei tu che te la sei lasciata fuggire”, “sei tu che l’hai lasciata andare”, perché sai bene che ti ho davvero dato la mia vita. Ed è stato proprio questo l’errore: pensare che se ti avessi amato così tanto, tu mi saresti stato grato per sempre. Ma ancora una volta, purtroppo, mi rendo consapevole del fatto che “chi meno ama è più forte, si sa”. E se avessi capito prima che avrei soltanto dovuto amarti di meno, ora saremmo ancora insieme. E mi pento amaramente di averti dato tutto questo amore, perché è stato proprio quello che ha contribuito a distruggerci, unito, sicuramente, alle tue stupide pretese, agli sbagli che non ammetterai MAI di aver commesso, ai tuoi silenzi per punirmi, al coraggio che non hai avuto di guardarmi in faccia. E se quelle parole, se quelle lacrime erano vere, io non posso esserti morto dentro così stupidamente. Perché se davvero fosse così, non soltanto dimostreresti di essere stata una persona anche peggiore di quelle stesse persone che tu, per prima, criticavi per avermi fatto tanto del male in passato, ma saresti il più grande sbaglio che il mio cuore abbia mai potuto compiere. E vorrei non fosse così, ma sei troppo accecata da te stessa e da chi ti circonda e ti riempie la testa per metterti anche solo minimamente in discussione. Ed è un vero peccato, perché questo non ti rende affatto giustizia. Ti ho amato sinceramente e veramente, e lo rifarei milioni di volte in loop, perché mi piacevi e mi piaci ancora, perché mi mancano le tue mani, i tuoi capelli ed il tuo profumo, ma questa volta, certamente, farei proprio come fai tu. Perché avevamo ancora canzoni da inventare, da cantare insieme proprio per come ci eravamo promessi, luoghi da esplorare, esperienze da fare insieme, suoni ancora da scrivere. E, ne sono certo, sarebbe tutta un’altra cosa.
E così, questa carrellata prosegue con tutta quella gente che mi ha abbandonato proprio facendo leva su quelle mie stesse fragilità e ferite che mai dovrebbero essere usate per ferire qualcuno. C’è poco da dire, in fondo: mi prendo la mia parte di fragilità, di cui non posso certo darmi una colpa o flagellarmi in qualche maniera, perché è così che è fatto il mio cuore, è così che sono fatto, Anche in questo caso, avrei soltanto dovuto imparare a mettere me stesso di fronte al resto: ho stupidamente creduto di essere importante, ho miseramente creduto che dare importanza al bene vero potesse fare la differenza, per scoprire un barbaro e misero gioco d’opportunismo, di fili mossi da qualcuno che pretende di imporre il proprio volere, allontanandoti progressivamente se non ti pieghi al proprio volere. Anche in questo caso, proprio come sto imparando a fare ora, mi sto rendendo conto che posso venire meno a questo tipo di dinamiche. Stupidamente, per troppa bontà, credevo di donare felicità facendo delle cose insieme, vivendo esperienze comuni, ma mi sono reso conto – ancora una volta – che la prevaricazione ha sempre la meglio, che la scelta di un singolo finisce sempre con il pretendere di scegliere per tutti. L’amicizia, però, non dovrebbe essere questa: dovrebbe essere quella che rende felice tutti e tutti allo stesso piano, non quella che vede il volere di un singolo dover prevaricare anche sugli altri, e se qualcuno non è a suo agio, beh, “fatti suoi”. No. Ma importa davvero poco: so il peso che hanno le mie fragilità, ed anche in questo caso ti aspetti sempre che la gente ti chieda “perché? cosa non mi stai dicendo?”, ma talvolta rimangono soltanto infiniti spazi di vuoto e di nulla, che si mischiano ai peggiori momenti che una persona possa esistere.
Le mie fragilità, purtroppo, sono una pesante eredità che mi porto appresso come un fardello, e il tempo che passa mi fa comprendere e rendere conto che, forse, non esiste una persona capace di apprezzarle, di difenderle, di difenderti. Sarebbe soltanto bastato avere il coraggio di scegliere il cuore, sempre. Sarebbe soltanto bastato avere il coraggio di parlare, di chiarire. Sempre. Sarebbe soltanto bastato rendersi conto di quanto un cuore grande, fragile per quanto esso sia, può davvero darti quel vero amore, quel vero bene, quel vero esserci, quel vero sentirti accanto, quel vero sentirti amichevolmente vicino.
Sono spesso giunto alla conclusione che le mie fragilità fossero una colpa, ma mi sono chiesto: “perché gli altri pretendono che io comprenda le loro fragilità se poi loro non comprendono le mie?”
Ed è da qui che, forse, dovremmo seriamente riflettere. Ma se quell’amore, se quel bene, se quell’amicizia, se quei sentimenti, se quei progetti, se quelle lacrime erano vere, non può non essere rimasto niente. Ed io, in fondo, non ci credo. Piuttosto, è il tempo a farmi capire che, spesso, le persone preferiscano soffrire che ammettere i propri errori, preferiscano scappare che ammettere che, forse, le cose potevano andare molto diversamente, preferiscono infliggere la sofferenza piuttosto che avere la pazienza di aspettare e far maturare insieme la coppia, attraverso piccoli sacrifici di ogni giorno, attraverso la pazienza, anziché giungere subito alle estreme conclusioni.
Io l’ho capito solamente ora. Forse è l’inizio di un nuovo inizio.