Politicamente… O “elettricamente” corretto? L’elettrificazione delle automobili ci porta in un universo che non è ancora, affatto, maturo.
Politicamente… O “elettricamente” corretto? E’ ora di smetterla: il “politicamente corretto” ha rotto!
Lo schifo del politicamente corretto, la difesa dell’ambiente a tutti i costi figlia dell’idealismo del dover sempre andare controcorrente, l’ormai imperante “elettrico” ha distrutto non solo il mondo dell’auto e del design ma anche quello dello sport. Sinceramente, e lo dico con estrema e grande sincerità, mi fa rabbia – da appassionato, da persona con una grande passione che coltiva fin da bambino leggere nella stessa frase, il marchio di una supercar seguito dalla parola ELETTRICA, con quello stupido altoparlante a simulare il suono del terminale Akrapovic!
L’Italia è figlia di una grande discendenza sportiva, di auto come la Lancia Stratos, 131 Abarth, Delta S4 Evoluzione HF, e di vere “bare a quattro ruote”, come venivano definite al tempo, tipo la Uno Giannini e cose simili. Ci si dovrebbe VERGOGNARE di umiliare brand e marchi storici inzozzandoli con questo “coretto a tutti i costi” dell’elettrico. Il mondo è stato capace di farsi tenere per le palle dal politicamente corretto, dalla “cancel culture”, che ha cancellato anni ed anni di gloriosa storia sportiva, di successi, di campionati, di grandi piloti che hanno segnato la storia vera di marchi che sono rimasti indelebili ed immortali.
Tutto questo non fa bene, e – a dirla davvero tutta – l’elettrico è ancora troppo immaturo per essere utilizzato nella vita di tutti i giorni: le auto hanno un costo esorbitante e le ricariche idem. L’elettrico non può ancora rappresentare la vera alternativa credibile. E peggio ancora non può e non potrà MAI rappresentare la VERA alternativa al “Motor Sport” più puro. E non potrà mai cancellare gli anni ruggenti dei veri campionati, del vero suono di un motore ruggente da 600 cavalli, di ruote che scivolano in derapata sull’asfalto.
Criticatemi pure, ma è una verità palese che non possiamo, ancora, continuare a fingere di non vedere.