Il dolore che resta, e rimane tra le pieghe dell’anima, tra i silenzi ed il vuoto che sembra distruggere tutto quello che sembrava futuro, e invece non lo è…
Il dolore che resta. Un dolore che rimane.
Mentre il tempo passa, e i giorni diventano settimane e mesi, il dolore rimane, in sottofondo, silenziosamente presente: semplicemente vai avanti a vivere le tue giornate perché devi farlo, perché devi continuare il tuo percorso, il tuo cammino lungo la vita, e perché, rinomatamente, “chi si ferma è perduto”, ma rimane, in sottofondo, quel senso di vuotezza, quel senso di silenzio così distruttivo che, certe volte, ti fa ritrovare in lacrime senza che nemmeno te ne sia reso conto…
…Eppure, rimane dentro tanto, rimane, soprattutto, tanto vuoto: avere un cuore che sa amare, avere un cuore capace di provare sentimenti veri, spesso, è una reale condanna che può distruggerti, che può frantumarti in mille pezzi, perché un cuore sensibile sente il dolore almeno dieci volte di più rispetto a chi, al posto del cuore, ha un sasso… E così, questo tempo non ti fa restare altro che questo senso di incompletezza, di vuoto andante, di inerzia con cui vai avanti giorno per giorno: troppa gente è convinta che il tempo sia in grado di risolvere tutto, come per magia: io credo, al contrario, che il tempo non risolva proprio niente se non sei tu, per primo o per prima, a smuoverti, a fare qualcosa, anziché aspettare il miracolo del tempo che passa, affidandoti ad eteree illusioni che credi possano risolvere ogni tuo singolo problema.
Ma ormai, in fondo, sono soltanto parole che lasciano il tempo che trovano: questo tempo va avanti per come deve andare, ed io resto qui, nel mezzo, semplicemente ad attendere ore, minuti, giorni, settimane. Nel mezzo c’è il nostro vivere, la nostra vita che prosegue, e non sappiamo neppure verso cosa siamo indirizzati.
E per quanto mi riguarda, resta solo questo senso di vuoto e incompletezza, così brutto da digerire e metabolizzare, come un niente che resta tra le dita, lasciandoti tanto, tanto dolore…