Sarebbe bello se chi ci fa del male se ne rendesse conto… Frammenti di pensiero in questa lettera ritrovata, che pubblico per muovere – spero – un ragionamento…
Sarebbe bello se chi ci fa del male se ne rendesse conto… Frammenti di pensiero di una lettera ritrovata.
Poco fa ero da solo, in macchina, mentre tornavo a casa, e piangevo mentre ero fermo al semaforo: sono giorni difficili, estremamente complicati e davvero tristi per me, pieni di quella maledetta pressione che, talvolta, mi porta a piangere per un po’, forse qualche minuto, forse ore intere, mentre tutto torna a ricordarmi tutto e tutte le mancanze si fanno atrocemente sentire. Sento forte la pressione di questo periodo, e decomprimo piangendo, ma sono soprattutto le grandi ed ingiuste mancanze ad uccidermi di quel dolore che ti lascia un buco in mezzo al petto, alla bocca dello stomaco, come se si fossero portati via una parte di te.
Pensavo a quanto bello sarebbe se la gente che ti fa del male, per un solo istante, se ne rendesse conto: un solo istante in cui queste persone potessero essere messe di fronte al dolore che ti stanno infliggendo, per rendersi conto di quanto, inutilmente, stiano continuando a far del male alle sole persone che quel male, davvero, non lo meritano.
E la mia mente ripensa a tutto quello che ho passato e sto passando in queste settimane, e mi chiedo dove sia, adesso, tutto quell’amore, tutte quelle promesse gettate in mezzo alle lacrime, tutto quel maledetto rincorrersi, tutto quel crederci, quel continuare a sperare, quel non arrendersi per conquistate, finalmente, quell’amore in cui ho sempre creduto, fin dal principio. Le persone mi dicono: “eh, ma tu non hai nessuna colpa, rasserenati!” Fosse così semplice, fosse così immediato… Ma non lo è: in questi mesi ho fatto di tutto per non sentire quel maledetto dolore. Di tutto davvero: ho ricominciato a studiare, e so io con quanta fatica sto portando avanti questi sacrifici, ho preso una coraggiosa decisione riguardo la mia salute, anche contro il parere di tanti, ho tirato su mille progetti, macinato centinaia di kilometri in giro, ma il dolore non se ne va, non se ne va mai, perché il dolore è dentro di te, e per chi davvero ha un cuore, per chi MAI si sognerebbe, neppure lontanamente, di uccidere un sentimento, il dolore si sente, e si sente tantissimo, e si sente il doppio, il triplo, il quadruplo.
Fa male, soprattutto, perché ti rendi conto che le cose che volevi e sognavi erano le medesime: allora perché andare via? Allora perché cercare scuse, parlare di “diversità”, quando la verità è palese ed evidente agli occhi di tutti, agli occhi di chi ha, davvero, un cuore, agli occhi di chi non ha mai smesso un solo istante di credere in quei sentimenti, di credere in quel tempo fatto di spazi, fatto di silenzi, fatto del solo bisogno di tenersi vicini senza dire nulla? Ricordo quei momenti in cui due cuori erano uniti da un abbraccio, senza dire niente, senza dire parole, senza motivo, improvviso: non deve mai esserci un reale, vero motivo per abbracciare qualcuno. Lo devi fare, e basta: io amo gli abbracci, amo abbracciare, e amavo abbracciare improvvisamente, senza un perché, senza un motivo. Chissà se quelle cose le volevi anche tu, ma forse da un’altra persona: è la sola cosa che posso pensare, adesso, di fronte a quel voler andare via senza un reale perché. Solo la furia accecata di una rabbia senza senso può farti rinunciare ad una persona che ti ama in quel modo, in quella maniera così vera, così reale, così’ sincera, così affezionata.
E mi chiedo dov’eri, tu, quando io urlavo il mio dolore? Dov’eri quando mi avresti promesso che mi saresti stata accanto nei momenti della prova e del dolore, ed invece ero solo, a rischiare la vita, a rischiare il dolore, senza nessuno accanto? Dov’eri in tutte quelle notti in cui urlavo il mio dispiacere e il pianto rigava il mio volto, e in terra vedevo morire le lacrime che scendevano giù? Dov’eri in quelle giornate di sole in cui avrei soltanto voluto venirti a prendere e andare via, verso il mare, a camminare lungo il bagnasciuga guardando il mare d’autunno? Dov’eri in quei momenti, dopo cena, in cui il vuoto distruggeva ogni singola parte di me? Con che coraggio si possono uccidere di dolore le persone in questo modo? Con che coraggio si può andare avanti serenamente negando il confronto? Negando il coraggio di guardarsi negli occhi e dirsi la verità? Ma soprattutto, ancora adesso mi chiedo e mi ripeto come si faccia ad avere il gelo nel cuore, a stare male ma convincersi – anzi auto convincersi – che quella sia la strada giusta da percorrere. E chi se ne frega se abbiamo ammazzato di dolore una persona, se l’abbiamo distrutta ai minimi termini con la sofferenza, con quel male inferto senza nessuna pietà!
Fa male renderti conto che, di te, non è stato capito niente. Della persona che sei, delle cose che volevi, che erano le stesse. Ma, soprattutto, di tutto quell’amore che viveva in te: averlo buttato via così, uccidendo per sempre la speranza di un amore davvero importante per il resto della vita, è la cosa che fa più male di tutte. Fare finta di niente, non provare dolore, è semplicemente impossibile.