Il tempo del dolore, il tempo di quei sentimenti andati in frantumi, e di tutto il male che resta, tra i silenzi e il tempo che sembra non passare più…
Il tempo del dolore, il tempo di ciò che ti ferisce.
Ci sono bruttissime giornate in cui passi gran parte del tuo tempo a piangere… Mi rendo conto che la gente neppure si rende conto del tuo dolore, o forse, abituato come sono, ormai sono fin troppo capace di mascherarlo, credo sia più probabile. Ci sono giornate in cui non stai bene, NO, ma fai delle cose che “sovrascrivono” temporaneamente tutto il dolore che senti, anche se appena queste cose terminano, crolli tutto insieme. E’ come quando finisce l’effetto del medicinale: so io cosa significa piangere da solo in macchina, di notte, fermo ai semafori, piangere la sera per strada, quando nessuno ti vede, e se qualcuno ti vede volta lo sguardo dall’altra parte, o piangere da solo nel silenzio di casa, in cui i singhiozzi del pianto li senti rimbombare in ogni parete…
Il dolore ti divora, ti dilania e ti lacera in qualsiasi istante, e tutto ti ricorda tutto: la gente non vede che hai pianto fino a poco prima, fino a farti esplodere i capillari della faccia, e sembra, ormai, indifferente al tuo dolore che ti ammazza. Finisci, per mesi, a non dormire più senza avere incubi, senza avere tensione muscolare, dolore alle spalle, dolore al collo, dolori alle gambe, tensione ai polsi, tensione al diaframma, cuore a tremila: non sai più quanta camomilla hai potuto consumare, non sai più quanti kilometri hai potuto macinare in macchina per non sentire dolore, per non sentire l’ansia di questo silenzio, dei pensieri che ti ammazzano, e certe volte, mentre guidi, senti la presa del panico che ti prende, e il tuo cuore corre… In piena notte ti svegli senza respiro, e devi cercare di calmarti, da solo: guardi l’orologio ed il tempo non passa, e cerchi di non pensare, e cerchi di farti una ragione del dolore che stai provando, ma continui a renderti conto del fatto che stai provando qualcosa che non meriti, che non meriti affatto.
Fa male, soprattutto, la consapevolezza di averci inutilmente messo il cuore, di aver fatto sacrifici, sforzi, totalmente vanificati da NIENTE, da un cazzo di niente, perché NIENTE può giustificare il male, niente può giustificare il dolore, niente può giustificare l’abbandono volontario di una persona sapendo non solo di farle volontariamente del male, ma sapendo tantissime cose, avendo consapevolezza di promesse fatte e non mantenute, avendo la consapevolezza di un patto fatto per tutelare i nostri cuori. E’ terribile amare qualcuno e rendersi conto che è stato tutto inutilmente inutile, e nemmeno le parole, le promesse, le cose giurate tra le lacrime hanno più avuto un seguito. Eppure, volevamo le stesse cose, eppure sognavamo le stesse cose. Ma almeno, avresti voluto vedere in faccia la fine di un sogno, e sentirti dire davvero come stavano le cose.
L’abbandono è tra le più alte forme di violenza che possiate fare verso qualsiasi essere umano, a quattro zampe o a due gambe. Dovreste sempre augurarvi di non passare nel mezzo di tutto questo dolore: vorrei anche io riuscire a non avere un cuore, a voltarmi serenamente dall’altra parte e dire “e vabbè, e chi se ne fotte”. Vorrei, davvero, avere anche io un cuore così superficiale. E a chi festeggia, non auguro niente. Confido solo nel tempo. Per voi, e per me.