Spesso mi chiedo perché si decida di rinunciare alla tranquillità del cuore, perdendo quella calma e serena routine giornaliera…
La tranquillità del cuore è, spesso, anche la tranquillità all’interno della nostra vita: ci prendiamo cura l’uno dell’altro, raccontiamo, ascoltiamo, viviamo, sorridiamo, amiamo, consumiamo, recitiamo, piangiamo, ma lo facciamo sapendo che possiamo vivere un tempo più sereno se siamo insieme, una gioia ed una tranquillità derivante dal sapere che domani saremo ancora insieme, che domani potremo ancora amare ed amarci, farci amare e desiderarci, senza mai perdere di vista la grande voglia ed il grande desiderio di vivere il tempo migliore insieme.
…Eppure, spesso rinunciamo deliberatamente e volontariamente a questa tranquillità, e non riesco, in nessun modo, a spiegarmi il perché: la persona che abbiamo di fronte, e che solo fino a ieri condivideva la nostra vita ed il nostro tempo, di colpo si rifiuta di crederci ancora, e butta tutto all’aria, e butta via tutto quel che c’è rimasto, e getta via progetti, speranze, storie, amori, e tutto quanto si sia costruito fino a quel preciso momento.
Di colpo, non esiste più niente per una volontaria decisione della nostra metà, anzi, per precisa decisione di quella che era, fino a quel momento, la nostra meta e metà di vita, il senso della vera ragione per cui siamo andati avanti e abbiamo creduto, fino a quel preciso istante, ad un progetto condiviso: niente, di colpo non esiste più niente, come una spina staccata senza alcuna remora.
Perché farci del male? Perché farsi del male? Perché credere che sia la soluzione? Qualcuno mi dice che “se accade è solo perché quel sentimento non aveva la stessa importanza per entrambi”, e, probabilmente, potrebbe anche essere vero, perché se credi davvero ad una storia che hai costruito con fatica, non la lasci morire per tua stessa mano…
…E ancora di più, quindi, mi domando perché rinunciare a tutto questo: è solo un diverso “peso” dato ai sentimenti… O forse è un masochismo neppure troppo celato?